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Perchè dobbiamo giustificarci

Nel corso della nostra vita, fin da bambini, siamo educati a cercare approvazione. I voti a scuola, il giudizio dei genitori, le aspettative sociali: tutto sembra invitarci a conformarci, a spiegare, a giustificare ogni azione. In un certo senso, viviamo sotto uno “sguardo” costante. Il filosofo Michel Foucault parlava di una società della sorveglianza, in cui non serve più un controllo diretto, perché siamo noi stessi a interiorizzare quel giudizio esterno. Così impariamo a limitarci da soli, a non uscire troppo dagli schemi.

 

Ma a un certo punto può accadere qualcosa: iniziamo a chiederci perché dobbiamo giustificarci. Perché dovremmo spiegare ogni scelta, ogni desiderio, ogni differenza? E se invece la vera autenticità consistesse proprio nel non dover più spiegare tutto, nel fare ciò che ci piace non per sfidare gli altri, ma per restare fedeli a noi stessi?

Mi sono abituato a non dare spiegazioni e fare quello che mi piace senza che nessuno mi critichi.”

Questa frase, all’apparenza semplice, racchiude una profonda riflessione sul significato della libertà, sull’identità personale e sul rapporto tra l’individuo e la società.

Nel corso della nostra vita, fin da bambini, siamo educati a cercare approvazione. I voti a scuola, il giudizio dei genitori, le aspettative sociali: tutto sembra invitarci a conformarci, a spiegare, a giustificare ogni azione. In un certo senso, viviamo sotto uno “sguardo” costante. Il filosofo Michel Foucault parlava di una società della sorveglianza, in cui non serve più un controllo diretto, perché siamo noi stessi a interiorizzare quel giudizio esterno. Così impariamo a limitarci da soli, a non uscire troppo dagli schemi.

 

Ma a un certo punto può accadere qualcosa: iniziamo a chiederci perché dobbiamo giustificarci. Perché dovremmo spiegare ogni scelta, ogni desiderio, ogni differenza? E se invece la vera autenticità consistesse proprio nel non dover più spiegare tutto, nel fare ciò che ci piace non per sfidare gli altri, ma per restare fedeli a noi stessi?

 

In questo senso, non dare spiegazioni diventa un atto di libertà interiore. Il filosofo Søren Kierkegaard diceva che “la più grande forma di disperazione è scegliere di essere qualcun altro invece di essere se stessi.” Ecco perché imparare a vivere secondo ciò che ci fa sentire vivi, senza aspettare il permesso degli altri, è un gesto radicale ma necessario.

 

Non significa ignorare il mondo o chi ci sta intorno. Significa, piuttosto, assumersi la responsabilità della propria esistenza, accettando anche che non tutti capiranno o approveranno. Ma, come diceva Jean-Paul Sartre, “siamo condannati a essere liberi”: non possiamo sottrarci alla libertà di scegliere, e quindi neppure alla responsabilità delle nostre scelte.

 

Fare ciò che ci piace – se fatto con consapevolezza e rispetto – è un modo per riconciliarci con la nostra natura più profonda. Non si tratta di egoismo, ma di armonia. Come insegnava anche la filosofia stoica, ciò che è in nostro potere è il nostro atteggiamento, non il giudizio degli altri.

 

In conclusione, mi sono abituato a non dare spiegazioni non per chiudermi, ma per aprirmi alla mia verità. Perché la libertà autentica non ha bisogno di essere giustificata: si vive, si respira, si testimonia ogni giorno, semplicemente… essendo se stessi.

Guardare il cielo per riscoprire la maestosità del mondo

Il cielo, con la sua infinita vastità, è un teatro sempre accessibile, un invito costante a sollevare lo sguardo dalla terra e a connetterci con l’universo. Osservarlo almeno una volta al giorno non è solo un gesto poetico, ma un atto di consapevolezza che ci ricorda la grandezza del cosmo e la nostra posizione al suo interno.

Ogni volta che alziamo gli occhi al cielo, contempliamo il risultato di miliardi di anni di evoluzione cosmica: stelle che brillano da epoche remote, pianeti in movimento armonico, galassie lontane che sfidano la nostra comprensione. La scienza ci svela i meccanismi di questi fenomeni, trasformando le nuvole in lezioni di meteorologia, le costellazioni in mappe dell’universo. Eppure, persino nella spiegazione razionale, rimane un senso di meraviglia di fronte all’ignoto – i buchi neri, la materia oscura, l’origine del tutto – che ci umanizza, rendendoci esploratori eterni.

In una società iperconnessa, dove gli schermi catturano la nostra attenzione, guardare il cielo diventa un atto rivoluzionario. Quel gesto semplice interrompe il flusso frenetico delle ore, costringendoci a rallentare. Una tempesta che si avvicina, il rosso di un tramonto, la Luna che sorge dietro una collina: sono frammenti di bellezza che ridimensionano i problemi quotidiani. Ci ricordano che siamo parte di un disegno più ampio, dove le nostre preoccupazioni, seppur legittime, non sono che granelli di polvere stellare.

Fin dall’alba dei tempi, l’umanità ha cercato nel cielo risposte e ispirazione. Gli antichi navigatori seguivano le stelle per orientarsi; i poeti romantici vedevano nel chiaro di luna una metafora dell’anima; Van Gogh dipingeva notti stellate come vortici di emozioni. Oggi, pur avendo mappato ogni costellazione, il cielo continua a essere una musa. È un ponte tra passato e presente, un linguaggio universale che unisce culture e generazioni.
Guardare il cielo è un esercizio di umiltà e gratitudine. Ci trasforma in osservatori privilegiati di un miracolo che si rinnova ogni giorno, insegnandoci che la vera grandezza non sta nel dominare il mondo, ma nel saperlo ammirare. In quel momento di silenzio, mentre le nuvole danzano o le stelle scintillano, scopriamo che la maestosità dell’universo rispecchia la profondità del nostro spirito. Basta alzare gli occhi: il cielo è lì, pronto a ricordarci chi siamo e quanto sia prezioso il pianeta che chiamiamo casa.

Incoraggiare questa abitudine potrebbe essere la chiave per un futuro più consapevole: solo chi riconosce la fragilità e lo splendore del mondo sarà motivato a proteggerlo. Perché, come scrisse Leopardi, «l’infinito ci sovrasta, ma ci appartiene»—basta desiderarlo.

Giubileo 2025

Il Giubileo rappresenta un tempo straordinario di grazia e riconciliazione, un’opportunità per i fedeli di rinnovare la propria fede e avvicinarsi a Dio attraverso il pentimento e l’amore fraterno. In occasione del Giubileo 2025, la Conferenza Episcopale Italiana ha delineato le norme per ottenere l’indulgenza, sottolineando l’importanza di una conversione sincera e di un cammino spirituale autentico.
Per ricevere l’indulgenza, i fedeli devono essere ‘veramente pentiti’ e ‘mossi da spirito di carità’, avendo confessato i propri peccati e partecipato all’Eucaristia. Questo percorso richiede, oltre alla purificazione sacramentale, una preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, esprimendo così un’unione spirituale con la Chiesa universale.
Il pellegrinaggio, simbolo del viaggio interiore verso Dio, è una delle forme principali attraverso cui è possibile ottenere l’indulgenza. I fedeli possono visitare uno dei luoghi sacri giubilari, come le quattro Basiliche Papali Maggiori di Roma, la Terra Santa o altri santuari significativi, partecipando a momenti di preghiera, celebrazione o riconciliazione. Questo atto di devozione e sacrificio riflette l’impegno personale verso la santità e il rinnovamento interiore.
Anche coloro che non possono compiere fisicamente un pellegrinaggio possono partecipare spiritualmente, visitando devotamente qualsiasi luogo giubilare, dedicandosi all’adorazione eucaristica e concludendo con preghiere fondamentali come il Padre Nostro, la Professione di fede e invocazioni a Maria. In questo modo, il Giubileo diventa accessibile a tutti, sottolineando l’universalità dell’amore di Dio e la sua misericordia.
Il Giubileo 2025 è un invito a riscoprire la profondità della propria fede, a vivere una riconciliazione autentica e a intraprendere un cammino di rinnovamento spirituale, aperto a tutti coloro che desiderano avvicinarsi al mistero divino con cuore sincero. GM #giuseppemilazzo #agenziadellavoro.com #GiuseppeMilazzo

Come ci comportiamo

Osservare noi stessi, proprio come facciamo con gli altri, può offrirci preziose informazioni su chi siamo e su come ci comportiamo come orientatori. Il nostro aspetto e il nostro modo di agire possono comunicare molto: ad esempio, un atteggiamento aperto, un sorriso sincero o un linguaggio del corpo positivo possono trasmettere energia e sensibilità, mentre un comportamento coerente con il desiderio di aiutare dimostra determinazione e autenticità.

Se ci rendiamo conto di essere in grado di esprimere queste qualità, significa che siamo sulla strada giusta per essere orientatori efficaci e sinceri. Se invece notiamo qualche dissonanza tra ciò che desideriamo trasmettere e il nostro modo di comportarci, può essere un buon spunto per riflettere e migliorare, affinché il nostro atteggiamento sia sempre più congruente con il nostro desiderio di aiutare gli altri. Ricorda, l’autenticità e la coerenza sono fondamentali per creare un rapporto di fiducia e supporto!

FORMAZIONE E LAVORO

Il rapporto tra lavoro e formazione è in continua evoluzione, e oggi più che mai si rende necessario un cambio di paradigma per affrontare le sfide del mondo del lavoro moderno.

Il contesto attuale:

Il mercato del lavoro è caratterizzato da una crescente complessità e dinamicità, con l’emergere di nuove professioni e competenze richieste. La globalizzazione, l’automazione e l’intelligenza artificiale stanno trasformando il modo in cui lavoriamo e le competenze necessarie per avere successo. In questo contesto, la formazione assume un ruolo cruciale per garantire l’adattabilità e la competitività dei lavoratori.

Il cambio di paradigma:

Il modello tradizionale di formazione, basato sull’acquisizione di conoscenze teoriche e competenze specifiche per un determinato lavoro, non è più sufficiente. È necessario un nuovo approccio che metta al centro lo sviluppo di competenze trasversali, come la capacità di risolvere problemi, di lavorare in team, di comunicare efficacemente e di adattarsi ai cambiamenti.

La formazione continua:

La formazione non deve essere considerata un evento isolato, ma un processo continuo che accompagna il lavoratore lungo tutto il suo percorso professionale. La formazione continua consente di aggiornare le proprie competenze, di acquisirne di nuove e di rimanere al passo con le evoluzioni del mercato del lavoro.

La collaborazione tra imprese e istituzioni formative:

È fondamentale che le imprese e le istituzioni formative collaborino per definire i fabbisogni di competenze del mercato del lavoro e per progettare percorsi formativi adeguati. Le imprese possono offrire opportunità di stage e di apprendistato, mentre le istituzioni formative possono aggiornare i propri programmi di studio per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro.

L’importanza delle competenze digitali:

In un mondo sempre più digitalizzato, le competenze digitali sono diventate essenziali per la maggior parte dei lavori. La formazione deve quindi mirare a sviluppare le competenze digitali dei lavoratori, sia quelle di base, come l’utilizzo di strumenti informatici, sia quelle più avanzate, come la programmazione e l’analisi dei dati.

In sintesi, il cambio di paradigma nel rapporto tra lavoro e formazione implica:

  • Un focus sullo sviluppo di competenze trasversali
  • La formazione continua lungo tutto il percorso professionale
  • La collaborazione tra imprese e istituzioni formative
  • L’importanza delle competenze digitali

Investire nella formazione è fondamentale per garantire la competitività dei lavoratori e delle imprese, e per affrontare le sfide del futuro del lavoro.

Presta attenzione al tuo interlocutore

Prestando attenzione al nostro interlocutore, riusciremo a farlo «entrare» in stretta relazione con noi, mostrando in questo modo interesse nei suoi confronti. Così egli sarà portato a corrispondere un interesse reciproco verso di noi.

L’attenzione alla persona richiede di assumere una postura che ci permetta di prestarle la nostra piena e completa attenzione.

È utile disporsi di fronte a lei in modo da poterla guardare in faccia, piegarsi leggermente in avanti e mantenere un costante contatto oculare.

Prestando attenzione alla persona, ci prepariamo alla fase successiva: riuscire a osservarla pienamente.

Possiamo prestare attenzione a una persona singola sia in piedi che seduti, ma è importante che sia sul nostro stesso piano: la nostra spalla destra di fronte alla sua spalla sinistra e viceversa. Quando invece ci troviamo a lavorare con una coppia o con un piccolo gruppo di persone, dobbiamo creare un immaginario angolo retto, del quale noi siamo il vertice e loro i due estremi.

 

 

 

 

 

 

 

IL PROGETTO PROFESSIONALE

 

Nel percorso di politiche attive del lavoro che vi proponiamo utilizzeremo il progetto professionale come filo conduttore per guidarvi nella definizione della strategia più idonea per inserirvi nel mercato del lavoro ottimizzando risorse, potenzialità ed energie – vostre personali e del territorio in cui vivete.

Il presupposto del progetto professionale è che ognuno di voi abbia definito un obiettivo professionale, cioè abbia scelto cosa fare in termini di attività lavorativa e di condizioni di lavoro. Individuare un obiettivo professionale significa mirare la ricerca di lavoro e far confluire su di essa risorse ed energie impedendone la dispersione.

Scegliere un obiettivo professionale, però, può non essere così immediato. Compito dell’orientamento è, in primo luogo, accompagnarvi – per farvi apprendere – in un percorso che vi guidi all’individuazione di un obiettivo a partire dall’auto-analisi delle proprie caratteristiche, competenze, interessi, potenzialità, incrociata con le informazioni che avete tratto dall’analisi del territorio.

Il momento cruciale del progetto professionale è il piano d’azione, cioè la traduzione in termini concreti ed operativi delle tappe che dovete compiere per raggiungere il proprio obiettivo professionale.

 

Il percorso di orientamento che proponiamo persegue l’utilizzo di supporti cartacei.

Il compito proposto è quello di registrare esperienze formative e competenze acquisite in contesti lavorativi ed extralavorativi, consentendovi di rileggere, analizzare, visualizzare in ogni momento, le vostre esperienze e le proprie aspirazioni.

L’utente compila lo strumento e lo confronta con l’operatore ricostruendo puntualmente tutte le proprie esperienze, anche con l’aiuto di documenti (titoli, attestati ecc.) che potranno poi confluire nel portafoglio di competenze.

Di particolare interesse può essere la parte che riguarda le esperienze non completate, soprattutto per l’analisi delle ragioni che hanno portato ad interrompere e per  il recupero di quanto appreso. Molte persone tendono infatti a cancellare o comunque a sottovalutare nei casi di insuccesso gli apprendimenti maturati, apprendimenti che, nel rinnovato sistema di istruzione e formazione, potrebbero invece costituire una base importante nel caso di un recupero dei crediti acquisiti e per una rimotivazione alla frequenza di percorsi formativi, soprattutto negli adulti e nei drop out, in particolare  universitari.

Lo strumento nasce da esperienze di analisi della professionalità e della competenza effettuate in contesti differenti e si avvale dell’expertise maturata in contesti più vicini alla formazione professionale che all’orientamento in senso stretto.

Quali sono state le sue esperienze lavorative?

Con quale mansione le ha svolte? È stato regolarmente inquadrato?

Ha svolto attività di volontariato? ln quale settore?

Ha svolto attività di apprendistato? In quale settore?

L’UMANESIMO DEL LAVORO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

da una ricerca del MdL Giuseppe Milazzo

 

L’umanesimo del lavoro è un concetto che mette al centro il valore ed il rispetto della dignità umana nel contesto lavorativo. Si tratta di promuovere condizioni di lavoro che rispettino i diritti e il benessere dei lavoratori, oltre a favorire un ambiente di lavoro inclusivo e collaborativo.

La storia del lavoro è lunga e complessa, con molte trasformazioni che si sono verificate nel corso dei secoli. Ha avuto inizio con le prime forme di lavoro basate sull’agricoltura e sull’artigianato nelle antiche civiltà. Nel corso del tempo, con l’avvento dell’industrializzazione, il lavoro si è trasformato radicalmente, passando da una produzione prevalentemente agricola a una industriale. Questo ha portato a cambiamenti significativi nelle condizioni di lavoro, con l’emergere di fabbriche ed il sorgere di nuove classi sociali, come il proletariato. Dalla metà del ventesimo secolo in poi, si è assistito ad ulteriori trasformazioni con l’avvento della globalizzazione, delle tecnologie digitali e della robotica, che hanno plasmato il modo di lavorare ed interagire con il lavoro.

La storia del lavoro è segnata da un periodo di lotte combattute per i diritti dei lavoratori e che, nel 1970 in Italia, vide nascere lo “Statuto dei lavoratori”, legge che ha introdotto importanti diritti e protezioni per i lavoratori. Considerato un fondamentale pilastro del diritto del lavoro italiano, questo statuto ha garantito ai lavoratori una serie di diritti, tra cui la tutela della libertà sindacale, il diritto di sciopero, la parità di trattamento tra uomini e donne sul posto di lavoro, la tutela della maternità e paternità, la sicurezza sul lavoro e la stabilità occupazionale. Con lo statuto dei lavoratori viene inoltre stabilito l’obbligo di negoziare i contratti collettivi e vengono istituiti i comitati aziendali per i problemi di sicurezza, igiene ed ambiente.

Oggi, la situazione contrattuale varia da paese a paese e da settore a settore, ma in generale si osservano tendenze come un aumento della flessibilità lavorativa, con contratti più adattabili alle esigenze delle aziende e dei lavoratori. Ci sono anche sforzi per promuovere la parità di genere e l’inclusione nei contratti di lavoro, oltre a una maggiore attenzione alla tutela dei diritti dei lavoratori in settori emergenti come la tecnologia e l’economia digitale. Tuttavia, ci sono ancora sfide da affrontare, come la precarietà occupazionale e la negoziazione di condizioni di lavoro equilibrate in un contesto economico in continua evoluzione.

Inoltre, si osserva un aumento dell’uso di contratti a tempo determinato e lavoro autonomo, il che può portare a una maggiore precarietà per alcuni lavoratori. Allo stesso tempo, ci sono crescenti pressioni per garantire salari dignitosi, condizioni di lavoro sicure e un equilibrio tra vita lavorativa e personale. Le politiche pubbliche e le normative sul lavoro stanno quindi cercando di adattarsi a queste sfide, promuovendo un’equa distribuzione delle opportunità lavorative e proteggendo i lavoratori dai rischi emergenti nel mondo del lavoro moderno.

Con l’avanzare dell’intelligenza artificiale (IA) e delle tecnologie digitali, il panorama lavorativo sta subendo profonde trasformazioni. Da un lato, ci sono lavori tradizionali che potrebbero essere automatizzati o resi più efficienti dall’IA, portando a cambiamenti nella domanda di manodopera in alcuni settori. Dall’altro lato, l’IA sta anche creando nuove opportunità di lavoro, specialmente in settori legati allo sviluppo e alla gestione di queste tecnologie. Alcuni lavori tradizionali potrebbero essere sostituiti da sistemi automatizzati o robotizzati che possono eseguire compiti ripetitivi in modo più efficiente e preciso rispetto agli esseri umani. Tuttavia, molti lavori richiedono ancora abilità umane uniche, come la creatività, l’empatia, il pensiero critico e la risoluzione dei problemi, che sono difficili da replicare con l’IA. Pertanto, mentre alcuni settori potrebbero subire una riduzione della domanda di manodopera, altri settori potrebbero vedere un aumento della richiesta di lavoratori qualificati che possiedono competenze complementari all’IA. Inoltre, l’IA sta dando vita a nuove professioni e opportunità di lavoro, come esperti di dati, ingegneri dell’IA, sviluppatori di algoritmi, specialisti di sicurezza informatica e consulenti di automazione. Questi lavori richiedono competenze specifiche nell’utilizzo e nello sviluppo delle tecnologie dell’IA, e sono in forte crescita in risposta alla domanda sempre maggiore di soluzioni basate sull’IA in vari settori industriali.  In sintesi, mentre l’IA sta cambiando il panorama lavorativo eliminando alcuni lavori tradizionali e creandone di nuovi, è importante che i lavoratori acquisiscano competenze aggiornate e si adattino a queste trasformazioni per rimanere competitivi nel mercato del lavoro del futuro.

MdL Giuseppe Milazzo